di UIL Basilicata
Nell’intervento al Consiglio Confederale della Uil di venerdì scorso il segretario Vincenzo Tortorelli ha lanciato un nuovo allarme: per le “ricadute” sociali ed economiche della pandemia c’è il rischio per tanta parte della società e dell’economia lucana di non farcela, anche nel medio tempo.
Segretario Tortorelli, chi sono i lucani che rischiano di non farcela?
A pagare il prezzo più alto è la popolazione in età da lavoro. Persone che chiedono aiuto. La Uil attraverso il suo Centro Studi lo sta rappresentando in questi giorni con indagini partendo da una valutazione: le fragilità sociali aumentano vertiginosamente!
A rischio c’è dunque la larga fascia di lavoratori e famiglie che si trovano tra occupazione e sospensione dell’attività produttiva: sono i 12mila cassaintegrati con perdite oscillanti intorno a 400/700
al mese; altrettanto per chi ha fruito di congedi parentali, con gravi conseguenze sulla capacità di reddito. Ci sono circa 20mila lavoratori lucani irregolari (800mila nel Mezzogiorno).
Ancora ai margini del mercato del lavoro i richiedenti il Rem, con 2.700 domande; gli 8mila disoccupati in cerca di prima occupazione esclusi dal mercato del lavoro nei prossimi mesi (500mila al Sud).
Dunque chi è già precario potrebbe restarlo per sempre?
E’ un altro rischio. Noi guardiamo con rinnovata attenzione a quelle fasce sociali a metà tra attività ed inattività. È il caso degli impieghi forestali assommabili a circa 6.000 unità; il contingente della disoccupazione e del lavoro agricolo immigrato di circa 15.000 unità; quello del reddito di cittadinanza intorno alle 12mila unità. Il ‘resto’ del mondo delle fragilità è riferibile al lavoro nero. Nel ‘purgatorio’ della ‘non attività’ spicca poi la fascia dei pensionati per invalidità ed accompagnamento per circa 25.000 unità. Nel complesso un’articolata sociale di circa. 50/60mila figure e famiglie di lucani sottoposte ai gravi disagi provocati dalla crisi Covid-19.
Un altro conto della precarietà è il mondo del lavoro autonomo, della stagionalità e atipicità di matrice lucana. Un perimetro di circa 57mila unità (richiedenti bonus 600 euro su dati Inps).
Sono tutte fragilità che coinvolgono classi e generazioni diverse. I più giovani impegnati nello spettacolo, nella cultura e soprattutto gli stagionali nei settori economici del turismo. Poi i cinquantenni del settore agricolo, i parasubordinati, i professionisti con partite Iva, numerosi nella classe di età intermedia 30-49 anni.
Ma a cosa servono gli strumenti di aiuti messi in campo?
È chiaro che gli strumenti anticrisi messi in campo a livello europeo ed italiano non saranno sufficienti. Il sistema ha necessità di uno scuotimento.
Servono due grandi piani per legare l’emergenza allo sviluppo. Un Fondo di investimento sociale regionale, una grande manovra-ponte di sostegno, di empowerment dei soggetti sociali e delle famiglie
colpite dalla crisi che rinforzi la capacità reddituale, di consumo e bisogni essenziali delle famiglie e dei ceti in discesa sociale per i colpi della crisi da Covid.
Per grandi schemi si può formulare un’agenda di nuove politiche e di campi di intervento da riportare
in un’azione di investimento sociale fondata su di un nuovo modello di prossimità, di valorizzazione dei borghi, di fertile crescita del fattore impresa locale legato all’ambiente ed alle caratteristiche del territorio e del nostro lavoro.
Sempre nel Consiglio Confederale ha lanciato un’idea suggestiva di una regione come ‘organismo-sociale’ che aiuta e transita le tante fragilità sociali verso un nuovo mondo. A cosa pensa di preciso?
Innanzitutto alla riprogettazione dei settori-driver dello sviluppo per ricavare nuovo lavoro. In una visione di Green New Deal e di transizione energetica, con un vero scambio generazionale.
Abbiamo bisogno di riequilibrare poteri e cambiare organizzazioni, e di modificare radicalmente “come” si fanno le cose e “come” si usano i poteri e denari pubblici. È evidente che facciamo fatica a ritrovare nell’attuale compagine di governo regionale una chiara visione delle cose da fare, un vero e proprio progetto strategico.
C’è una sorta di arroccamento e di spaesamento della Giunta regionale che rischia di portare lontano l’Istituzione dai bisogni reali della comunità regionale. Sfugge l’impianto delle decisioni e delle scelte che appaiono separate e settoriali. Penso, per tutte, alla faticosa risalita, nel dopo Covid, delle funzioni
dell’assistenza sanitaria mentre si presenta uno schema di riordino centrato su due mega aziende, senza ripartire da una rivisitazione complessiva tra ospedale e territorio superando le criticità e le inefficienze registrate e senza interpretare i nuovi emergenti bisogni di salute.
Ora deve essere chiaro che spetta al Governo regionale, superando limitate visioni pregiudiziali nelle
relazioni sindacali, formulare una proposta compiuta di pianificazione che comunque tarda ad arrivare.
E i tavoli virtuali e più di recente con le presenze fisiche che il presidente Bardi ha convocato cosa hanno prodotto?
A quei tavoli ci è stato chiesto di fare proposte sui diversi temi, ma è evidente il rischio di cadere nella frammentazione e nella deriva dispersiva di opere ed interventi slegati da una visione complessiva.
È sempre in agguato il pericolo dello spezzettamento delle questioni. Nei limiti dati, abbiamo accettato unitariamente, con Cgil e Cisl, di sederci ai tavoli pur dopo le sconsiderate battute ed accuse di essere
ancorati a posizioni ottocentesche.
In un confronto serrato e dettagliato con il presidente cerchiamo comunque di censire, settore per settore, dal turismo all’agroindustria al terziario, un elenco delle cose da fare e da tradurre in scelte operative. È chiaro comunque che, insieme a risultati ed obiettivi conseguiti in questo lavoro congiunto
ai tavoli di settore, noi dobbiamo essere sempre vigili e sempre meglio attrezzati a rappresentare i programmi e le cose da fare, con completezza per definire lo scenario le battaglie del nuovo sviluppo.
Per rilanciare i temi di fondo e le azioni da intraprendere per indirizzare la ripresa. E su questi temi impegnarci per concordare intese con le alte forze sociali.
C’è il problema di fondo di una ripresa seria, approfondita del confronto istituzionale. Dobbiamo essere consapevoli che qui c’è un problema. Bisogna fare una battaglia per riprendere a pieno titolo le relazioni istituzionali e farne comprendere il valore generativo di sviluppo ed avanzamento sociale.
Ci riassume i punti cardine della vostra proposta?
Vado per titoli. La crescita Smart. Sviluppo, crescita e competitività dei comparti produttivi strategici per il territorio. Pacchetti localizzativi destinati a nuovi investitori. Puntare ad attrarre imprese del settore farmaceutico, biomedicale e delle attrezzature sanitarie ed igieniche. Imprese agroindustriali, stante la necessità di rilocalizzare tale filiera, per “accorciarla” dal punto di vista geografico, avvicinandola maggiormente ai consumatori.
Imprese dell’Ict, dei servizi on line, dell’e-commerce e della logistica on line che con la crisi sanitaria, hanno conquistato nuove quote di mercato. Pmi operanti nella componentistica per la produzione di energia rinnovabile. Rafforzamento del settore portante dell’automotive. La Rete tra Università, Enti di Ricerca e Imprese. Giovani, tecnologie e saperi. L’Innovazione Verde e Transizione Energetica. La svolta green per l’ambiente e l’energia. La cultura del Territorio. Agricoltura, agroalimentare e ruralità
Cosa manca per un sindacato all’altezza della sfida post Covid?
Serve un sindacato critico e costruttivo che tuttavia tiene ben chiaro in testa la prospettiva di regione per cui si batte. Le nostre idee di sviluppo devono trovare una maggiore convinzione nelle nostre battaglie e nel lavoro di rappresentanza delle categorie e di un più vasto mondo del sociale. Un lavoro di riconquista, di fiducia, che, intorno alla rivendicazione di un nuovo modello di evoluzione della nostra regione, si possano ritrovare le istanze per reinventare la regione e reinventare il Paese: sostenibilità, green economy, riforma fiscale e infrastrutture, mobilità. Puntando su un nuovo vitalismo della società, come dice De Rita (Censis), dobbiamo essere in grado di dare risposte a domande insistenti:
quali sono gli spiragli di una ripresa possibile, come riprendere (sia pure in discontinuità) il ciclo di un nuovo sviluppo aperto?
Non si può fare più come prima. I tempi sono straordinari, richiedono scommesse audaci, un muovere le cose con un processo di cambiamento compartecipato tra mondo istituzionale e sistema della rappresentanza sociale, con scelte politiche economiche locali più aggressive per la tenuta sociale ed i nodi strutturali interessati dall’impatto Covid.
Dunque: manovre poderose ed una ragionata selezione dei campi da modificare e degli obiettivi da perseguire.