I dati diffusi ieri dall’Osservatorio dell’Anpal sui beneficiari del Reddito di Cittadinanza confermano il flop sul fronte delle politiche attive del lavoro e rafforzano le preoccupazioni della Uil sulle proposte del Governo di sostituzione del Rdc con la Misura di inclusione attiva. In media, riferisce Anpal, meno della metà pur ricevendo il sussidio non è stato preso in carico dai servizi per l’impiego, primo step del Rdc. La distribuzione dei presi in carico per ripartizione territoriale, inoltre, mostra per le regioni del Mezzogiorno un’incidenza sul totale dei beneficiari soggetti al Patto per il lavoro del 43%, a fronte di valori di poco superiori al 50% per le Regioni del Centro e del Nord-Ovest e prossimi al 69% nel Nord-Est. Da non sottovalutare la percentuale media di chi lavora: meno di 1 su 5. In questo scenario il rischio di eliminare uno strumento fondamentale di contrasto alla povertà senza garantire l’occupabilità come vorrebbe fare il Governo è più che serio. Le ipotesi del nuovo strumento “Mia”, che continuano a circolare da giorni, corrispondono a questa esigenza. Per la UIL è necessario invece rimuovere tutti i vincoli che hanno impedito a tante persone di poterlo utilizzare venendo incontro alle difficoltà di vita delle famiglie. Non si sottovaluti che alla platea dei 14.135 nuclei familiari lucani (per 27.404 persone) del Rdc occorre aggiungere quella dei circa 1800 percettori del reddito minimo di inserimento e dei tirocini di inclusione sociale. Esiste una delibera di Giunta regionale, la 1011/2017, che sancisce il divieto di cumulo tra reddito minimo e altre misure di sostegno al reddito regionali o nazionali. Si tratta di capire, andando oltre gli annunci del Presidente Bardi, come abbiamo chiesto insieme a Cgil e Cisl, cosa intende fare la Giunta Regionale per evitare che il disagio sociale cresca.